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Immagine del redattoreFrancesca Panarello

L’incontro con la mediazione umanistica di Jacqueline Morineau

Jacqueline Morineau

La mediazione umanistica è uno spazio tempo per la parola urlata, per il grido di dolore di una comune umanità ferita, che anela alla guarigione: una guarigione che viene dalla luce interiore, attraverso un viaggio di conoscenza verso il sé autentico. In questo senso, la mediazione umanistica è uno spazio tempo di cura delle relazioni in una dimensione orizzontale, terrena e in una dimensione verticale, trascendente.


La mediazione umanistica è uno spazio tempo per la parola urlata, per il grido di dolore di una comune umanità ferita, che anela alla guarigione: una guarigione che viene dalla luce interiore, attraverso un viaggio di conoscenza verso il sé autentico. In questo senso, la mediazione umanistica è uno spazio tempo di cura delle relazioni in una dimensione orizzontale, terrena e in una dimensione verticale, trascendente.


La mediazione umanistica è uno spazio tempo per accorgersi del grido, a volte soffocato, spesso urlato, comunque presente nelle relazioni che viviamo. Uno spazio tempo per dare parola e ascoltare.

Ascoltare è vedere (intuire) con gli occhi del cuore, oltre lo strumentario della mente razionale che divide, oltre le cornici, gli schemi, gli stereotipi.

Vedere l’altro di e da me, nella casa interiore, è una via di riconoscimento, in una dimensione di comune umanità, che è “comunità di destini”.


Ascoltare è dare parola alle emozioni e ai bisogni profondi; parlarsi, comunicare per fare la pace, per creare connessioni, per prendersi cura di sé e dell’altro, grazie all’incontro, pur se nelle relazioni conflittuali: una via di amore.

Ascoltare è contattare valore nel grido primordiale, nel dolore della ferita originaria, nell’io trafitto e diviso, che anela a un posto nel mondo: un anelito di felicità, di vivere allineato al bisogno profondo, un anelito di infinito.


In questo senso la pratica della mediazione umanistica è una via di trasformazione e trascendenza, un viaggio verso l’origine (il tutto/niente originario) è sperimentare, oltre l’empatia cognitiva ed emotiva, un ascolto che ci fa sentire comunemente umani, capaci di un’empatia compassionevole: una via per rilanciare orizzonti di senso e, in ultimo, per riconnettersi in un allineamento corpo anima spirito - al divino inspiegabile, che, eppure, è già, quieora.


È una via di conoscenza diversa e necessaria, come diverso e necessario è nuotare, in acqua, dove non ci si può ostinare a camminare.

Non per stare bene o meglio, ma per abitare la vita, so-stare nel mezzo, adesso, dove è tutto e niente (altro ancora), dove “non accade mai niente”, nel viaggio di scoperta (con nuovi occhi) che è la vita al limite la meta stessa.


Grazie all’incontro con Jacqueline Morineau e la sua mediazione umanistica, ho potuto condividere l’intuizione di fare dello spirito della mediazione un fatto esistenziale, una pratica quotidiana, il che significa, per me, cercare quella centratura, quella connessione che quieora permette di intercettare, in me e negli altri, a partire dai sentiti, valori profondi, che appartengono a ogni essere umano.

Il resto, ogni strategia, percorso, scelta viene da sé. E quanto più si contatta il sentito, il proprio e quello altrui, quanto più si disinnesca la spinta dell’ego, per farlo fiorire, tanto più i valori si concretizzano, si inverano nell’esistenza di ognuno, trasformando le relazioni (anche quelle più conflittuali) e rendendole autentiche.


Grazie alla pratica della mediazione umanistica, posso dire, di aver appreso un modo nuovo di abitare la vita, ho potuto acquistare un nuovo sguardo, contattato una possibilità di integrare corpo-mente-anima-spirito, sperimentato una via di trasformazione delle, e nelle, relazioni conflittuali.

Quieora, istante per istante, giorno per giorno, mi piace so-stare, in presenza, nel mezzo di un vuoto in cui c’è tutto e altro ancora, senza precomprensioni, senza pregiudizi, in ascolto dell’essenziale, che è invisibile agli occhi, a cuore aperto, pronta ad accogliere con stupore quello che accade, misteriosamente, oltre lo sguardo appannato dai rumori della mente e dai tumulti dell’anima.

Questo contatto del cuore mi fa sentire a casa, in amore (perché no?), accomunata in un unico destino con gli altri esseri umani.


Nelle relazioni di tutti giorni, sul lavoro, nei setting di mediazione, a giro, nelle conversazioni davanti a un caffè o una tisana, nei laboratori di mediazione guidata, durante una formazione, un evento a tema, provo a praticare un modo di abitare la vita, che mette in circolo energie creative e di pace, per un nuovo mondo possibile.

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